venerdì 14 febbraio 2014

PD: PARENTI SERPENTI



PD:  PARENTI SERPENTI

Molto si è detto in questi giorni, su Renzi, su Letta, sul PD, sul governo.
Io inizierei a parlarne ricordando che il PD, è l'unico partito, in tutto il panorama politico italiano, ad aver superato indenne la prima repubblica. Perché reputo importante questo passaggio? Lo ritengo fondamentale perché spiega tutte le anomalie collaterali che sono successe, all'interno del partito, nella seconda repubblica. Perché, tutto questo convulso avvicendamento, ci dimostra la grande capacità strategica raggiunta e ci evidenzia la potente macchina costruita a difesa della sua sopravvivenza. La stessa macchina che impedisce, in sostanza, ogni cambiamento. Il PD che da partito progressista si è trasformato nella forza più conservatrice della scena politica italiana. Lo si è visto nelle anomalie congressuali,  alle sofferte vicende dei suoi ultimi segretari, alle votazioni per eleggere il presidente della repubblica.
Un partito dinosauro. Un partito che ha affinato al meglio la lotta per il potere, ma suo malgrado ne subisce pesantemente, le negative ricadute interne.
Un partito e una classe dirigente che vince ma non riesce a governare, che sbaraglia gli avversari ma non riesce a distinguere ( forse a ragione ) gli amici dai nemici. Che tende ad inglobare tutto e tutti uniformandoli.
Altroché democrazia interna, questa è una guerra civile permanente.
Non potevamo chiedere a Renzi di cambiare verso e aspettarci che lo potesse fare con comportamenti prevedibili, garbati, politicamente corretti. In questo modo lo avrebbero "piallato" subito. Non c'è spazio per chi si pone "dentro al sistema" ne diventa subito un componente, una vittima.
Io non so se Renzi farà bene o male, ma sono sicuro nel dire che, specialmente nel PD, si riesce ad emergere esclusivamente se si è capaci di scombinare le carte, di mettere un cuneo nel grande e potente ingranaggio  che lo regola.
Renzi sembra che ci sia riuscito. Ora vedremo se avrà ancora qualche asso nascosto nella manica da giocare, per spiazzare tutti e veramente CAMBIARE VERSO.

venerdì 14 giugno 2013

TASSE TASSE SOLO TASSE



La CGA di Mestre ha diffuso, in questi giorni, un esempio reale della denuncia dei redditi di una ditta artigiana che dimostra che l’ammontare della tassazione (stato/regione/comune) su questa impresa raggiunge il 71,48 % del fatturato lordo.
Bruno Vespa a porta a porta di ieri, mostrando una tabella esplicativa, esprimeva la sua meraviglia e contemporaneamente sottolineava che se pure questa ditta forse evadeva, ritenendo fosse impossibile che si possa sopportare una tale imposizione fiscale, la tassazione era comunque esagerata. Poi aggiungeva, una cantilena che si sente da troppo tempo, che sia impossibile comunque che un titolare dichiari meno del dipendente.
Ora io sento il dovere, perché il problema lo vivo, di spiegare bene che purtroppo la cosa può succedere (e succede sempre più). Una ditta artigiana, un commerciante, una micro impresa lavorano spesso con dei fidi (come abbiamo fatto noi italiani con i BOT) e quindi, i danari alla propria famiglia vengono anche quelli dalla banca e alla fine dell’anno però, e solo in quel momento con precisione, si capisce che il fatturato e conseguente ricavo è in perdita e il loro debito con la banca è salito. Quindi: dichiarazione vera che guadagna meno del proprio dipendente e altrettanto vero è che la sua situazione non si modifica, probabilmente fallirà.
Mi si dirà: ma come ha fatto a non accorgersi.  Ma si che se ne era accorto (il debito italiano insegna) ma cosa  può fare di diverso se non cercare di risollevarsi lavorando? Che altro puo fare se no a continuare lavorare e sperare che il vento cambi?
Nessuno ti offre il posto sicuro da dipendente alla RAI o in qualsiasi altra parte. Non è prevista la cassa integrazione per i titolari.  Il piccolo imprenditore artigiano è uno. A chi può interessare un solo voto? E poi, l’imprenditore artigiano in difficoltà deve lavorare molto, 10/12 e più ore al giorno per lavorare o per cercare lavoro, non c’è il tempo per frequentare sindacati, sedi politiche, associazioni.
Alla fine sei solo. Migliaia e migliaia di piccoli imprenditori soli che non fanno paura a nessuno e a nessuno interessano. Solo pecore da tosare con facilità. Qualcuno si ammazza. Anche in quel caso è morto “solo uno”, non è un problema gravissimo. Meglio interessarsi dell’orario dei maestri, dei professori, dei dipendenti statali,  perché se loro si arrabbiano allora si che si perdono molti voti!

Ma un giorno si capirà (forse) che se muoiono tutte le pecore non ci sarà più lana per nessuno.     

venerdì 7 giugno 2013




LA CONSULTA BOCCIA LA LEGGE : DEPRIMENTE!

Ci sono gli entusiasti della costituzione. La più bella del mondo.

Questo è ciò che si dice. Quello che si vede nei fatti invece è che la corte costituzionale, dall’alto della sua autorità, sancisce che è anticostituzionale il prelievo di solidarietà che era stato previsto con la legge 90 del luglio 2011 per le pensioni “d’oro”.

Cioè per le pensioni superiori ai 90.000 euro all’anno la legge prevedeva un contributo del 5% della parte eccedente l’importo fino a 150 mila euro; pari al 10% per la parte eccedente 150mila euro; e al 15% per la parte eccedente 200mila euro. Legge giudicata ieri illegittima dalla consulta costituzionale che la  definisce “un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”.

Ma come ai danni di una sola categoria di cittadini? 
Dovevano forse applicarla anche alle pensioni da 5000/6000 euro all’anno per essere una norma in regola con i dettami della nostra costituzione?

Io credo che se questa è giustizia, se questo è il modo in cui la nostra costituzione esprime equità, allora è assolutamente necessario cambiarla.

Non credo che ci sia un motivo e dico uno che possa giustificare una sentenza del genere. Confondere il senso della legge che riconosce ad ogni cittadino  uguali diritti e uguali doveri con la semplificazione che siamo tutti uguali mi sembra oltre che estremamente scorretto anche con una forte impronta di scarsa eticità e furbesca interpretazione di uguaglianza.

Le diseguaglianze economiche e sociali, che si sono ampliate anche merito della recente crisi, stanno determinato una forte criticità della tenuta sociale nel nostro paese. Chi ha goduto sino ad oggi di assurdi privilegi, di vantaggi impropri, di regalie economiche ottenute attraverso a delle vere e proprie leggi ed accordi truffa deve rassegnarsi alla rinuncia di tutto ciò senza condizioni e la costituzione DEVE permetterlo!

Se la nostra costituzione non è in grado di riconoscere e quindi correggere simili abnormi eccessi di disuguaglianza, di poter recuperare e porre un giusto rimedio a situazioni ingiuste ed indifendibili, allora la nostra bella costituzione deve essere cambiata.
  

venerdì 19 aprile 2013

mercoledì 10 aprile 2013


COSTI POLITICA: FVG; TRIBUNALE TRIESTE AMMETTE REFERENDUM QUESITO RELATIVO AD ABOLIZIONE INDENNITA' ASSESSORI (ANSA) - TRIESTE, 10 APR - Il Tribunale di Trieste ha dichiarato ammissibile il referendum sull'abolizione dell'indennita' di fine carica degli assessori regionali del Friuli Venezia Giulia.

La sentenza, depositata oggi, ha dichiarato infondata la delibera del Consiglio regionale del 28 luglio 2010, che bocciava la proposta di consultazione popolare. La Regione e' cosi' stata condannata a procedere all'indizione del referendum.
Sono state invece dichiarate 'non proseguibili' altre proposte bocciate dal Consiglio: quella sui vitalizi dei consiglieri e degli assessori regionali, perche' la disciplina e' stata nel frattempo cambiata, ed e' stato rigettato infine il ricorso su un quarto quesito, relativo all'indennita' di fine mandato dei consiglieri regionali. Il Consiglio regionale aveva bocciato tutti i quattro quesiti, presentati da un comitato sostenuto fra gli altri dall'Italia dei Valori, con altrettante delibere il 28 luglio 2010.
Tra le ragioni dei rigetti, il fatto che i referendum toccassero materie rese obbligatorie da norme statutarie e costituzionali. E' il caso del quesito sull'indennita' di fine mandato dei consiglieri, su cui il tribunale (giudice unico Sergio Carnimeo) ha deciso la conferma dell'inammissibilita'.
Nel frattempo, era stata emanata la legge finanziaria regionale 2012, che ha fatto perdere interesse ai quesiti relativi ai vitalizi di consiglieri e assessori, la cui disciplina e' stata modificata nella successiva finanziaria regionale 2013.
Non convince invece il giudice il fatto che l'indennita' di fine mandato degli assessori sia stata ritenuta una misura a 'tutela dell'autonomia e indipendenza' dei membri di Giunta. A loro favore, infatti, vi sono altre forme di indennita' (di carica, aggiuntiva mensile, rimborso forfettario spese di vitto). L'indennita' di fine carica non e' inoltre frutto di accantonamenti, ma una somma in piu' calcolata sull'ultima indennita' aggiuntiva mensile, moltiplicata per gli anni di carica. La sua abrogazione non comporta dunque una violazione della tutela statutaria, che si riferisce soltanto all'indennita' di carica. (ANSA).

sabato 30 marzo 2013

Italia dei Valori 2.0


 
 
Che possano esserci diversi modi per affrontare lo stesso problema: questo è lapalissiano. Che per affrontare un problema si debba distruggere tutto ciò che si è costruito e buttare all'aria anni di esperienze acquisite questo è demenziale.
Fatta questa doverosa premessa, che esplicita in modo chiaro ciò che è successo e che sta succedendo nell'Italia dei Valori, possiamo cercare di capire il perché di tali scelte ed il perché qualcuno cerchi di costruire un nuovo soggetto politico facendolo magicamente risorgere da un'altro definito morto.
Bisogna , in questo caso, essere molto chiari e secchi. Etica, coerenza ed onestà vogliono che le risorse umane, economiche, logistiche del soggetto dichiarato morto vengano lasciate libere da qualsiasi vincolo e condizionamento prima di fare ogni altra cosa e di qualsiasi altra considerazione.
Non fare questo apparirebbe come il solito giochetto del trasformismo utile esclusivamente ad appropriarsi indebitamente di risorse eticamente e giustamente indisponibili.
Se Italia dei Valori ha concluso la sua esperienza, non può essere sbranata e distribuita tra quei i pochi che ne hanno decretato la morte.
Se Italia dei Valori è morta si restituiscano immediatamente i rimborsi elettorali residui ai legittimi proprietari: i cittadini.
Se Italia dei Valori vive, allora è assolutamente necessario che chi ne vorrebbe cambiare il nome, il senso, le persone, se ne vada.
Non rimane più nessuno? Di Pietro si occuperà sicuramente, in quel momento, di curarne il suo funerale sperabilmente nei modi sopra descritti.
Se invece, come spero, ci sono ancora tante persone che vogliono portare avanti quei valori che da anni ci contraddistinguono allora l'esperienza, la struttura, le persone, non si buttano ma devono rappresentare le fondamenta della nuova casa comune che verrà ricostruita.
La balzana, seppur suggestiva idea, di scopiazzare dal PD le primarie, per un partito che ha perso molto della sua base è come dire facciamo un'altro partito.
Indire dei congressi nel modo come sono stati proposti vuole dire facciamo un'altra farsa da far bere ad elettori e iscritti, proponendo la democrazia fasulla dei tesseramenti senza controllo, che ci riproporrebbe un percorso fallimentare già fatto. 
Dire che il WEB può dare democrazia e partecipazione bisognerebbe prima dire a che e per che cosa. Parlare di WEB in questo momento vuol dire che quanto si è costruito di buono sino ad oggi  non vale nulla.
Certo, per quei quattro che stanno a Roma e che vogliono cambiare tutto per prendersi tutto, noi sopravvissuti rappresentiamo  un' ostacolo forte e reale alla loro protervia e voglia di potere.
Ai pseudo dirigenti che insistono a voler rappresentare a tutti costi un partito in cui non credono più, anche uccidendo il simbolo che gli ha concesso questa rappresentanza, è surreale.
Lasciate che Italia dei Valori completi la sua esistenza con il suo nome, con i suoi pregi e difetti e con l'assistenza di tutti quelli che si sentono ancora pienamente rappresentati da quel simbolo e da quei valori.

Chi vuole fare altro lo faccia,  buona fortuna !!
Lo faccia con le proprie idee, con le persone che lo seguono, con le risorse che riesce ad attivare ma non con ciò che è stato prodotto dal lavoro, dalla passione, dalla caparbietà di chi ha creduto e crede ancora in Italia dei Valori.

Rilanciare e ricostruire quanto demolito con furbizia e dispendio di forze da parte dei nostri nemici ( interni ed esterni), a mio parere, si fà con quelli che ci credono ancora, mettendo in campo tutte le esperienze acquisite, partendo da un programma sintetico e chiaro, da uno statuto che garantisca, a noi e a chi ci voterà, serietà, coerenza, ed onestà.
Dobbiamo lasciare fuori i cercapoltrone, i cercalavoro, i ladri, gli imbroglioni, i curricola altisonanti che non hanno mai veramente lavorato,  assieme a quelli che vogliono fare politica per trovare quel palcoscenico che non sono riusciti ad avere nella loro vita privata.
Uno statuto che ci permetta di acquisire forze pulite ma lasci fuori dalla porta e/o comunque in cantina quelle dubbie. Quindi un congresso che si fondi sulle persone che sino ad oggi sono rimaste aderenti e fedeli  al partito e tra questi si scelga la squadra dirigente del nuovo Italia dei Valori 2.0.

Solo con queste persone potremo determinare un vero e credibile nuovo corso.

Con queste persone formuleremo le regole ed i confini che questo partito definirà chiaramente per i vecchi e nuovi aderenti.
Le forze nuove, che sicuramente nessuno vuole lasciare fuori dalla porta, potranno farsi apprezzare e trovare la loro giusta collocazione attraverso un percorso virtuoso di permanenza e attivismo all'interno del partito che ne valorizzerà le eventuali competenze e ne verificherà le reali capacità su basi di merito.

Cresceremo meno ma cresceremo bene con radici forti e forze realmente valide.

Lasciamo il WEB per chi vuole la politica del "tutti decidono nessuno decide" o peggio che decidere sia uno solo. Il WEB è uno strumento utilissimo e supereconomico che permette cose altrimenti impraticabili ai più,  per la comunicazione veloce,  sondaggi, verifica di proposte e miglioramento delle stesse. Forse anche ad una consultazione simildemocratica, da definire poi meglio con strumenti che diano maggiori garanzie,  ma basta così. La vita reale non è uno FLASH MOB! Costruiamo invece nel territorio la vera appartenenza, la vera politica, scegliendo le persone migliori valutandone personalmente il loro valore e chiudendo ad ogni nuova tentazione di dare valore a tessere e cartacce varie che risulteranno sempre delle scorciatoie di cui stiamo pagandone, ancora oggi,  il pesante scotto.



domenica 4 settembre 2011

La menzogna dell’articolo 8 del "pacchetto lavoro"


Decidere che si può licenziare senza giusta causa è ritornare indietro nel tempo in cui eravamo molto ma molto disperati.
Non è una grande trovata quella di combattere il mercato globale con la rinuncia alle conquiste di dignità raggiunte attraverso lunghi e difficili percorsi evolutivi della nostra società in cui il lavoro ed il lavoratore rappresentano anche l'insostituibile anello del sistema. 
Un’operaio disoccupato cessa di essere un consumatore perciò il lavoro, specialmente quello stabile, rappresenta una risorsa per tutti e soprattutto per l'azienda che deve vendere i suoi prodotti e/o servizi.
Un’ azienda che pensa di risolvere i suoi problemi licenziando con facilità non potrà mai diventare un’azienda competitiva perché, invece di investire in ricerca e sviluppo, cercherà inutilmente di risolvere i suoi problemi licenziando, rinunciando con ciò di evolversi  migliorando il suo prodotto, rendendolo competitivo qualitativamente ed economicamente.
Un mordi e fuggi che sicuramente non è propizio alla formazione di una classe imprenditoriale vincente.
Se un’azienda non riesce stare sul mercato in modo corretto svolgendo anche  la sua opera sociale di far lavorare e vivere dignitosamente i suoi dipendenti, è un’azienda che non fà bene al paese.
Le aziende delocalizzano? L’unica risposta politica è quella di creare le condizioni perché possano rimanere qua.
Bisogna anche capire che le regole, sopratutto quelle meno compiacenti, servono a porre delle condizioni che costringono e obbligano le aziende a formarsi e riformarsi, in modo corretto ed adeguato, alle esigenze di un mercato nuovo in continua evoluzione senza per questo stravolgere la vita delle persone.
Non dobbiamo modificare quelle regole che rappresentano la qualità del nostro sistema sociale ma dobbiamo interpretare meglio le possibilità che il mercato offre modificando anche profondamente la tipologia e qualità dell’ offerta.
E' neccessario adeguare l'offerta alla richiesta di mercato ed alle potenzialità che il territorio offre orientando gli investimenti pubblici, ad esempio, a sostegno del turismo culturale e di qualità preservando la specificità e specialità dei territori  valorizzandone  il patrimonio storico.
Facilitare o abdicare "per ragioni di opportunità" il ritorno alla “Jungla” vuol dire rinunciare a tutte quelle sicurezze che oramai tutti eravamo abituati ad avere. Vuol dire rinunciare ad un sistema che aveva i suoi meccanismi oliati e collaudati. Piegarsi alla brutalità della forza cieca del più forte, di quello che costa meno, non è una soluzione di cui compiacersi e nemmeno è una corretta assunzione di realtà, ma una vera sconfitta.
Dobbiamo lottare affinchè i cinesi e indiani (e tanti altri) raggiungano presto i nostri standard di civiltà e non regredire noi alla loro condizione.
Da noi già si licenziava senza giusta causa e questo, ai nostri lavoratori, non piaceva. Non piaceva a nessuno nemmeno prestare soldi a chi non aveva solide basi per poter fronteggiare il pagamento del debito.
E’ piaciuto a tutti che i lavoratori abbiano ottenuto solide basi di reddito. Ciò ha permesso lo sviluppo delle nostre città, lo sviluppo delle nostre aziende, il miglioramento della qualità della nostra vita in tutti i sensi.
Vogliamo rinunciare a tutto questo con la semplice assunzione del dato reale che sino ad oggi abbiamo vissuto “ al di sopra” delle nostre possibilità? E’ questa la dimostrazione della nostra tanto vantata intelligenza? E’ tutta qua la nostra capacità reazione?
Impegnamoci a ridurre la spesa, gli sprechi, tagliamo i privilegi, le regalie, le ruberie. Rendiamo l'amministrazione leggera, efficiente, veloce, semplice. Modelliamo uno stato che sia amico del cittadino, vero supporto dell'imprenditore, tutore dei più deboli.
Questo è il modo per rimettere nuovamente in moto il paese senza rinunciare alla nostra dignità.
Io spero veramente che destra, sinistra, centro, si impegnino a fondo per non far rinunciare alle conquiste di civiltà e benessere raggiunte. Sarebbe una sconfitta per tutti. Il licenziamento per giusta causa è una di queste...chi non lo riconosce è in malafede.