domenica 4 settembre 2011

La menzogna dell’articolo 8 del "pacchetto lavoro"


Decidere che si può licenziare senza giusta causa è ritornare indietro nel tempo in cui eravamo molto ma molto disperati.
Non è una grande trovata quella di combattere il mercato globale con la rinuncia alle conquiste di dignità raggiunte attraverso lunghi e difficili percorsi evolutivi della nostra società in cui il lavoro ed il lavoratore rappresentano anche l'insostituibile anello del sistema. 
Un’operaio disoccupato cessa di essere un consumatore perciò il lavoro, specialmente quello stabile, rappresenta una risorsa per tutti e soprattutto per l'azienda che deve vendere i suoi prodotti e/o servizi.
Un’ azienda che pensa di risolvere i suoi problemi licenziando con facilità non potrà mai diventare un’azienda competitiva perché, invece di investire in ricerca e sviluppo, cercherà inutilmente di risolvere i suoi problemi licenziando, rinunciando con ciò di evolversi  migliorando il suo prodotto, rendendolo competitivo qualitativamente ed economicamente.
Un mordi e fuggi che sicuramente non è propizio alla formazione di una classe imprenditoriale vincente.
Se un’azienda non riesce stare sul mercato in modo corretto svolgendo anche  la sua opera sociale di far lavorare e vivere dignitosamente i suoi dipendenti, è un’azienda che non fà bene al paese.
Le aziende delocalizzano? L’unica risposta politica è quella di creare le condizioni perché possano rimanere qua.
Bisogna anche capire che le regole, sopratutto quelle meno compiacenti, servono a porre delle condizioni che costringono e obbligano le aziende a formarsi e riformarsi, in modo corretto ed adeguato, alle esigenze di un mercato nuovo in continua evoluzione senza per questo stravolgere la vita delle persone.
Non dobbiamo modificare quelle regole che rappresentano la qualità del nostro sistema sociale ma dobbiamo interpretare meglio le possibilità che il mercato offre modificando anche profondamente la tipologia e qualità dell’ offerta.
E' neccessario adeguare l'offerta alla richiesta di mercato ed alle potenzialità che il territorio offre orientando gli investimenti pubblici, ad esempio, a sostegno del turismo culturale e di qualità preservando la specificità e specialità dei territori  valorizzandone  il patrimonio storico.
Facilitare o abdicare "per ragioni di opportunità" il ritorno alla “Jungla” vuol dire rinunciare a tutte quelle sicurezze che oramai tutti eravamo abituati ad avere. Vuol dire rinunciare ad un sistema che aveva i suoi meccanismi oliati e collaudati. Piegarsi alla brutalità della forza cieca del più forte, di quello che costa meno, non è una soluzione di cui compiacersi e nemmeno è una corretta assunzione di realtà, ma una vera sconfitta.
Dobbiamo lottare affinchè i cinesi e indiani (e tanti altri) raggiungano presto i nostri standard di civiltà e non regredire noi alla loro condizione.
Da noi già si licenziava senza giusta causa e questo, ai nostri lavoratori, non piaceva. Non piaceva a nessuno nemmeno prestare soldi a chi non aveva solide basi per poter fronteggiare il pagamento del debito.
E’ piaciuto a tutti che i lavoratori abbiano ottenuto solide basi di reddito. Ciò ha permesso lo sviluppo delle nostre città, lo sviluppo delle nostre aziende, il miglioramento della qualità della nostra vita in tutti i sensi.
Vogliamo rinunciare a tutto questo con la semplice assunzione del dato reale che sino ad oggi abbiamo vissuto “ al di sopra” delle nostre possibilità? E’ questa la dimostrazione della nostra tanto vantata intelligenza? E’ tutta qua la nostra capacità reazione?
Impegnamoci a ridurre la spesa, gli sprechi, tagliamo i privilegi, le regalie, le ruberie. Rendiamo l'amministrazione leggera, efficiente, veloce, semplice. Modelliamo uno stato che sia amico del cittadino, vero supporto dell'imprenditore, tutore dei più deboli.
Questo è il modo per rimettere nuovamente in moto il paese senza rinunciare alla nostra dignità.
Io spero veramente che destra, sinistra, centro, si impegnino a fondo per non far rinunciare alle conquiste di civiltà e benessere raggiunte. Sarebbe una sconfitta per tutti. Il licenziamento per giusta causa è una di queste...chi non lo riconosce è in malafede.

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