martedì 3 maggio 2011

REFERENDUM E CONTROREFERENDUM





Si è creata, ad arte, molta confusione nell’opinione pubblica, in relazione al referendum antinucleare già indetto per domenica 12 e lunedì 13 giugno. In realtà si celebreranno quattro referendum che riguardano: la questione nucleare, la tutela dell’acqua come bene pubblico contro la sua privatizzazione (due quesiti referendari) e la legge sul legittimo impedimento (in parte già colpita dalla censura della Corte costituzionale).

Per evitare il referendum antinucleare, il Governo ha improvvisamente inserito, in un decreto-legge (il cosiddetto “decreto omnibus”) in discussione al Senato, un maxi-emendamento col quale vengono abrogate tutte le norme contenute nel quesito referendario, in teoria facendo così venir meno tutta la materia del referendum antinucleare.

E questa scelta (finora approvata solo al Senato) è stata a tal punto pubblicizzata e propagandata, che la maggior parte dei cittadini crede già oggi che il referendum non verrà celebrato.

Potenza della disinformazione sistematica attraverso i messaggi televisivi: una informazione davvero “di regime”, mentre nel frattempo è stato persino bloccato il regolamento per le tribune referendarie, che avrebbero dovuto già iniziare (e che comunque riguardano anche l’acqua e il legittimo impedimento, non a caso).

In realtà, il decreto legge che contiene l’emendamento governativo deve ancora essere approvato dalla Camera, poi dovrà essere promulgato dal Presidente della Repubblica (ammesso che non abbia qualche dubbio a firmarlo, visto che si tratta di un espediente per impedire il pronunciamento popolare), quindi dovrà essere pubblicato sulla “Gazzetta ufficiale” e successivamente dovrà essere sottoposto al vaglio dell’Ufficio centrale per i referendum presso la Corte di Cassazione, che è l’unico competente a decidere in materia.

Passeranno dunque ancora alcune settimane – in piena campagna referendaria – per conoscere l’esito di questa decisione, tenendo conto anche che la Cassazione potrebbe investire della questione la stessa Corte costituzionale, la quale in materia di “aggiramento” illegittimo dei quesiti referendari si è già pronunciata con una sentenza fin dal lontano 1978.

Non solo. Il testo dell’emendamento governativo non si limita ad abrogare le norme sottoposte a referendum, ma introduce preliminarmente una nuova disposizione, che spiega tutto della “ratio” furbesca di questa operazione, perché rimanda ad “ulteriori evidenze scientifiche” sulla “sicurezza nucleare”, allo “sviluppo tecnologico in tale settore” e inoltre alle “decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea” (la quale in realtà non ha nessuna competenza sulle scelte nucleari dei singoli Stati).

Queste disposizioni dimostrano in modo evidente che, dunque, non c’è affatto un ripensamento governativo in materia di scelte nucleari, ma solo la volontà di aggirare il referendum, espropriando i cittadini del potere costituzionale (art. 75) di decidere, per poi rilanciare la scelta nucleare nella fase successiva.

E quindi la Cassazione potrebbe a sua volta decidere di riformulare il quesito referendario, sottoponendo al voto dei cittadini questa nuova norma e non le precedenti, per rispettare comunque – come prevedono la legge e la giurisprudenza costituzionale – la volontà referendaria.

Come se non bastasse la già eloquente lettura dei testi normativi, il 26 aprile (anniversario di Chernobyl!) Berlusconi, nella conferenza stampa con Sarkozy, facendo un autogol clamoroso, ha candidamente dichiarato che l’intenzione del Governo è proprio quella di aggirare il referendum, per poi rilanciare il nucleare: “Noi siamo assolutamente convinti che l’energia nucleare sia il futuro per tutto il mondo”. Sarkozy gongolava, pensando ai miliardi di euro italiani per la Edf francese, la Merkel forse un po’ meno.

Dunque, il referendum antinucleare è regolarmente indetto (sia pure tardivamente) e pienamente in vigore, nonostante l’emendamento-truffa del Governo. Se e quando questo diventerà legge, sarà la Cassazione (ed eventualmente la Corte costituzionale) a decidere al riguardo, ed è assai arduo immaginare che la Cassazione permetta un simile raggiro sulla pelle di quella “sovranità popolare” tante volte invocata a sproposito e questa volta invece pienamente in causa e da tutelare, salvaguardando il principale istituto di democrazia diretta previsto dalla Costituzione.

Il 21 aprile il ministro Romani – in un intervento a “Radio anch’io” – gongolava per l’operazione furbesca messa in atto (“furto con destrezza di referendum”, verrebbe da dire) e addirittura ipotizzava una operazione analoga da fare anche per i due quesiti a tutela dell’acqua pubblica.

Vista la figuraccia di questi giorni (ieri, sul “Corriere della sera”, Romani ha cercato di tamponare la gaffe di Berlusconi), probabilmente questa ulteriore operazione di svuotamento dei referendum rientrerà, ma non è ancora detto.

Del resto, l’obbiettivo non ancora dichiarato, ma reale, è di ostacolare in ogni modo che si possa raggiungere il quorum sul legittimo impedimento.

Ma saranno i cittadini italiani in ultima istanza a decidere.

Quindi andate a votare e decidete di fermare chi vi prende per i fondelli e pensa siate degli idioti.

domenica 9 gennaio 2011

Rio Martesin, stop dal Consiglio di Stato



UN GRANDE RISULTATO CHE PREMIA LA CAPARBIETA'
E LA FIDUCIA NELLA DI GIUSTIZIA


da "il Piccolo" del del 27 dicembre 2010

Il Consiglio di Stato annulla i permessi a costruire rilasciati dal Comune di Trieste a due società romane, la "Airone 85 srl" e la "Gestione italiana appartamenti srl"
TRIESTE. È salva la valle di Rio Martesin, l’ultima enclave verde situata tra Scala Santa e Monte Radio. Il Consiglio di Stato ha annullato i tre permessi a costruire rilasciati dal Comune di Trieste il 13 luglio 2009 a due società romane, la ”Airone 85 srl” e la ”Gestione italiana appartamenti srl” . Volevano costruire sei palazzine con cento appartamenti e centinaia di metri di strade di collegamento. Ma la colata di cemento è stata fermata grazie all’intervento di tre cittadini che non hanno mai mollato la presa: Dario Ferluga, Luciana Comin e Giorgio Bragagnolo hanno cercato alleanze nel deserto della politica ma non hanno raccolto quasi nulla.

Hanno agito allora a livello legale, ma il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha dato loro torto confermando il buon diritto delle due imprese. I tre cittadini sono ricorsi in appello a Roma con l’avvocato Gianfranco Carbone e il Consiglio di Stato ha accolto il loro ricorso. La sentenza, ormai definitiva, è stata depositata in cancelleria il 23 dicembre scorso e ribadisce quanto la gente che abita in quella zona dell’estrema periferia di Gretta aveva sempre sperato. Niente cemento, niente palazzine, niente nuove strade. Solo verde perché l’area a pastini situata tra Rio Martesin e Rio Carbonera non può essere edificata.

Lo ha ribadito anche il nuovo Piano regolatore mentre il precedente non era stato così tassativo, ponendo però dei seri limiti alle edificazione. Ora, le due società romane che hanno già compiuto massicci e costosi lavori di disboscamento e di scavo con il relativo ”movimento terra”, dovranno ripristinare l’area che volevano ”valorizzare”, riportandola alle condizioni originarie. Se non lo faranno e se il Comune non dovesse intervenire, ci sarà la forza della legge a costringere l’amministrazione pubblica e le due società romane. In questa evenienza, peraltro remota, non è nemmeno esclusa l’entrata in scena della Procura della Corte dei Conti. Sono due i motivi per cui sono stati annullati dal Consiglio di Stato i tre ”permessi a costruire” per complessivi 11.300 metri cubi.


Il primo motivo chiama in causa il Comune e dice che l’intero progetto di Rio Martesin doveva essere valutato nella sua unitarietà. Suddividendolo in tre parti, è stata dribblata l’a ltrimenti indispensabile necessità di valutazione di impatto ambientale su tutta la lottizzazione dell’area. I giudici del Consiglio di Stato hanno anche sottolineato che nella concessione del ”permesso a costruire” è stata violata una norma speciale che imponeva e impone la salvaguardia dei pastini. In altri termini le palazzine avrebbero dovuto rispettare l’andamento a gradoni del terreno. Nel progetto presentato dalle due società romane e di cui il Comune non poteva non essere a conoscenza, non c’è traccia di questo. «Qui si decidono le sorti della nostra valle - aveva affermato pochi mesi fa Dario Ferluga parlando a nome del Comitato sorto nel rione - ma i triestini devono sapere che il tentativo di salvare dalla speculazione edilizia la nostra area è un problema che coinvolge tutta la città».

Certo è che confidando nella decisione favorevole del Tar, ma senza tener conto del fatto che il giudizio di appello era ancora pendente a Roma, le due società hanno completamente disboscato un’a rea verde che non doveva essere toccata e che si erano in qualche modo impegnate a rispettare fino alla sentenza definitiva. «Siamo di fronte a una devastazione, all’uso della mano pesante» aveva sostenuto il comitato di quartiere. Gli unici a raccogliere a livello politico la protesta erano stati il consigliere ”verde” Alfredo Racovelli e il collega Lorenzo Giorgi del Pdl: «Abbiamo avuto i primi assaggi delle porcate edilizie previste per questa valle. Attila non avrebbe saputo fare di meglio».

domenica 10 gennaio 2010

LA PROVINCIA VALUTI I RISCHI DEL RIGASSIFICATORE




Ho letto con un senso di disagio l’intervista con cui la presidente Maria Teresa Bassa Poropat ha dichiarato che il rigassificatore a Zaule và fatto. Un disagio che proviene dal fatto che più e più volte IDV ha sollecitato, l’istituzione da lei rappresentata a fare chiarezza, sulle estreme criticità che erano emerse da un attento esame tecnico del progetto presentato dalla Gas Natural. La presidente Poropat aveva anche annunciato, già da novembre, che avrebbe attivato dei confronti tecnici, tra la Gas Natural ed esperti provenienti da istituti scientifici triestini, dove si sarebbero chiariti i vari aspetti sulla sicurezza e sulle ricadute economiche di tale impianto sulla città, ma ancora nulla è stato fatto.
Abbiamo vista espressa invece, in varie sue interviste ed interventi, una forte convinzione che questo impianto deve essere realizzato perché costituirà un grande vantaggio per Trieste.
Io mi chiedo però da dove provengano tali convinzioni, se neppure il parere negativo di molti tecnici qualificati, ha potuto scalfirle.
La presidente ha sempre espresso, nei nostri confronti, la linea di pensiero che vuole che le istituzioni, in questi casi, si pongano come entità super partes astenendosi di parteggiare per l’una o l’altra delle tesi. La mia impressione però è quella che la presidente Poropat, il sindaco Di Piazza e altri esponenti pubblici, non si siano attenuti neppure a questo comportamento, ma abbiano espresso dei consensi, a quest’opera industriale che, a mio parere, denunciano una superficialità e supponenza che mette fortemente in dubbio l’imparzialità delle loro dichiarazioni.

Io credo che le istituzioni pubbliche siano doverosamente e direttamente interessate alla sicurezza dei loro cittadini. E quindi non istituzioni super partes ma istituzioni intimamente legate ai cittadini da loro amministrati con un’unica primaria missione che è quella di salvaguardare il territorio e la salute ed incolumità di tutti i suoi abitanti.
Italia dei Valori chiede perciò, alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat, quale presidente della Provincia di Trieste, di acquisire tutte le voci contrarie al progetto e di valutarle attentamente con attenzione. Chiede alla Provincia di Trieste di attivarsi per dare eventualmente valutazioni concrete e certe ai cittadini, delle molte inesattezze e falsità denunciate, da moltissimi tecnici qualificati, e contenute nel progetto Gas Natural. Chiede che la Provincia di Trieste, al Comune di Trieste e alla Regione FVG che finalmente dissolvano le pericolose nebbie che aleggiano su questo rigassificatore, piovuto dal cielo, a cui sembra che i triestini debbano accettare supinamente per non essere tacciati di “nonsepolismo”.

IDV ed i cittadini di Trieste vogliono lo sviluppo, però quello vero, senza per questo rinunciare alla loro sicurezza e chiedono perciò, di essere coinvolti nelle dinamiche delle scelte, di poter valutare e conseguentemente decidere sulle reali e chiare proposte che vengono fatte per questa città.

Mario Marin
Coordinatore Provinciale IDV di Trieste
cell.3474204292

domenica 9 agosto 2009

SE POL o " NO SE POL" ? ( si può o non si può?)




E’ vero, Trieste per molti versi è la città del “No se pol”. No a questo, no a quello, no a tutto ciò che viene proposto. E' proprio da qua che dobbiamo analizzare profondamente la questione.
Ciò che viene proposto è oro colato oppure sono progetti veramente scarsi e non adatti alle potenzialità di questa città?
Trieste è il suo porto, spesso si sente ripetere questa cantilena che probabilmente viene da lontano per ricordare una realtà che sembra inesistente ma che, con attualità, rappresenta ancora una incontestabile ricchezza per ancora una grande opportunità di rilancio e sviluppo.

Oggi il porto langue? Trieste langue con lui!

Cosa si è fatto in sessant’anni per il porto di Trieste?
Lo si è depotenziato lasciandolo decadere, spendendo poco e male per aggiornare gli impianti, per creare nuovi collegamenti stradali e ferroviari atti a mantenerlo competitivo sul mercato, per eseguire le dovute e necessarie manutenzioni degli impianti e dei magazzini e mancando, nei tempi utili, di adeguare le politiche portuali triestine a quelle operate nei maggiori porti europei.

Trieste non si meritava questo.
Dopo una guerra che ha fatto scomparire gran parte del suo territorio facendo pagare a questa città uno dei prezzi più alti sia in termini economici che in termini strutturali.
Non si è voluto investire su quanto, in questa città, era ancora rimasto, il suo porto.

Oggi, ciò che viene proposto, per un fantasioso rilancio economico, sono:

1) Il parco del mare - (Genova insegna a quali “direi certezze di fallimento” si và incontro). Non siamo una città turistica, anche se timidamente qualcosa succede.
Una città turistica deve poter contare su migliaia di turisti settimanali, su di un contorno di alberghi, ristoranti, bar, negozi 24/24, per poter poi pareggiare i conti con gli investimenti fatti per eventuali impianti tipo “parco del mare”. Dove sono tutte queste cose? Si è pure deciso ultimamente di chiudere, alla domenica, anche i grandi centri commerciali. Cosa viene a fare un turista a Trieste? (scusate la domanda brutale)

2) Il recupero del porto vecchio alla città - Per farne cosa? Parcheggi, passeggiate o belle palazzine/ville? Soluzioni queste che potranno dare qualche servizio in più agli automobilisti e/o cittadini o qualche grosso ritorno economico alla potente lobby dei costruttori, ma certamente non creeranno possibilità di sviluppo economico e di vera crescita per la nostra città.

3) Il rigassificatore – Impianto che darà lavoro , dicono, ad un centinaio di addetti, ma accompagnato da un grandissimo problema di sicurezza, con problemi di mobilità portuale e probabilmente con possibili notevoli esborsi economici per la collettività. Si perché, se questo impianto dovesse non lavorare per quanto previsto (e questa è una probabilità non minima), i costi di tale perdita ricadrebbero, per contratto, sulla collettività. Ed ancora un’ultima ma non ultima considerazione: i depositi di combustibile, gli impianti di produzione di energia e riscaldamento, nelle case e ville in cui abitiamo, vengono collocati negli angoli più remoti, inutili e maggiormente nascosti e non nel giardino che invece adibiremo per accogliere gli ospiti e per rilassarci attorniati dal verde e dal bello. In questo caso invece bidoni enormi, di combustibili vari e centrali di produzione di energia, dove li mettiamo? In bella vista sul mare, dove scaricheremo pure liquami, scorie e schifezze varie, alla faccia della città turistica!

Ecco spiegato i perché del “no se pol”. I triestini non sono una popolazione da terzo mondo con cui si possono fare baratti con le perline di vetro (parco del mare, recupero del porto vecchio, rigassificatore) in cambio dell’oro che possediamo, costituito da un territorio meraviglioso di grandissimo valore, potenzialmente adatto a tutte le attività portuali (i nostri fondali sono unici in adriatico), ma potenzialmente adatto a qualsiasi altra iniziativa che abbia però caratteristiche di alta qualità per l’ambiente ed il territorio ed una altrettanto alta redditività sia in termini economici sia in termini occupazionali, condizioni queste indispensabili per una crescita equilibrata e socialmente positiva.

Datevi da fare tutti per, finalmente, far diventare Trieste la città che merita di essere!

Mario Marin
Cell.3474204292
Mail: mmarin@spin.it

martedì 19 maggio 2009

LOTTERIE sogno o realtà ?




L’Italia è veramente un paese strano, in tutto il mondo i vincitori delle lotterie nazionali hanno le foto a piena pagina sui quotidiani e settimanali, in Italia no!
La giustificazione che circola “nonsisàbenedachidetta” è perché così si protegge il vincitore da possibili problemi.
Ma di quali problemi si vagheggia?
Si vuole forse far credere che i problemi che si potrebbero avere dopo aver vinto qualche milione di euro sono diversi da chi i milioni di euro c’è gli ha da sempre?
I problemi, generati da una grande vincita di danaro, si equivalgono a quelli che i ricchi hanno circolando con le loro belle automobili, aerei/elicotteri, vivendo nelle loro bellissime ville, indossando i loro costosissimi gioielli e frequentando i molti luoghi “alla page” che esistono in Italia e nel mondo.
E poi la popolarità, a mio avviso, può costituire una valida protezione per chi diventa milionario piuttosto di un’oscura anonimità che lo lascia quale sicura preda indifesa a qualsiasi forma di sciacallaggio.
Ed allora perché nascondere la vincita alla lotteria ? Chi lo chiede e chi lo vuole?
Sono sicuro che nessuno rinuncerebbe a compilare la schedina se fosse obbligatorio scriverci sul retro il proprio nome e cognome. Nessuno rinuncerebbe a vincere dei milioni perché poi verrà messo sui giornali.
Osservando poi il piacere di apparire degli italiani, dimostrato dai vari reality show televisivi e dalla affollata partecipazione ai casting degli stessi, mi sembra improbabile che questa possa essere una ragione valida a giustificare una così ferrea anonimità per chi gioca e vince.
La questione invece mi fà sospettare che (Andreotti insegna) forse così è più facile architettare delle possibili truffe.
Il fatto che milioni di euro vengano controllati da un’ esiguo numero di persone mi mette in una certa proccupazione.
Mi sembra incredibile si possa dare una ragionevole spiegazione ad una procedura che in tutto e per tutto sembra fatta apposta per poter nascondere qualcosa e contemporaneamente non generi nessuna proficua promozione alla lotteria stessa.
Immaginate che bella pubblicità se il signor Mario Rossi di Milano viene intervistato dal telegiornale di RAI 1 che gli chiede come investirà il suo capitale?
Quali problemi ci sarebbero? Io non ne vedo anzi trovo che i cittadini si sentirebbero maggiormente stimolati a tentare la fortuna nel vedere in faccia i fortunati vincitori.
La trasparenza è un valore assoluto che può portare solo bene. Trasparenza vuol dire allontanare il buio del malaffare e la tentazione a delinquere.
Trasparenza vuol dire: “qua è tutto chiaro e limpido perciò puoi avere fiducia”

Giusto sarebbe che tutte le lotterie, per gli importi superiori ai 10.000 euro esigano la trasparenza del nome del giocare e lo rendano pubblico nel momento della vincita.

Una scelta di civiltà di chiarezza e di onestà.

Mario Marin

domenica 21 dicembre 2008

Trieste quota 7000 firme!

I Triestini hanno dimostrato una grande partecipazione, nella raccolta firme contro il "Lodo Alfano", superando abbondantemente tutte le previsioni fatte. I cittadini hanno apprezzato l'iniziativa fatta dal nostro partito rimasto oramai solo nel porre la "questione morale" come primaria neccessità della nostra politica a tutti i livelli.
Siamo stati soli in regione a protestare vivamente contro l'elezione di un condannato, all'importante commissione paritetica stato /regione, siamo stati soli a protestare contro l'eliminazione del difensore civico regionale avv. Caterina Dolcher. Queste ed altre battaglie ci vedono giornalmente impegnati nelle sedi istituzionali in cui siamo presenti e con queste azioni ci siamo guadagnati l'attenzione di un elettorato che ci premia costantemente, vedi elezioni regionali in Abruzzo e le indagini statistiche che ci indicano costantemente in crescita.

sabato 25 ottobre 2008

Trasparenza: a IDV di Trieste viene negata la possibilità di effettuare riprese video delle sedute del consiglio comunale.



Dopo quasi un mese , il presidente del consiglio comunale avv. Sergio Pacor, risponde con una indisponibilità, anche espressa dai capigruppo, alla richiesta fatta dal rappresentante IDV di Trieste Mario Marin in accordo con il responsabile regionale On. Carlo Monai, conseguentemente all’iniziativa “dalla parte dei cittadini” che Italia dei Valori sta svolgendo in tutta Italia, per effettuare delle riprese video delle sedute di consiglio comunale per poi diffonderle alla popolazione attraverso vari canali.

- “In relazione alla vostra richiesta, confermo la indisponibilità dell'Aula Consiliare per riprese non effettuate da testate giornalistiche o su incarico dell'Amministrazione.
Un tanto anche a seguito di parere unanime della Conferenza dei Capigruppo”
– con questa breve e sintetica risposta, il presidente, liquida un diritto del cittadino a “mettere il naso” nel palazzo.

Se pur vero che la giurisprudenza concede qualche distinguo in tal senso è anche vero che con questa risposta si evidenzia quanta sia la distanza che oramai separa il cittadino dalle istituzioni. Motivare questa decisione con qualche giusta considerazione di merito sarebbe stato indispensabile ma evidentemente non si è ritenuto necessario dare spiegazioni a chi , con spirito di servizio, chiede trasparenza nell’interesse generale della cittadinanza.

Italia dei Valori non accetta questa linea e contesta le posizioni oscurantiste di questa maggioranza, ne denuncia l’atteggiamento poco collaborativo assunto e si riserva ulteriori azioni per raggiungere l’obiettivo di un palazzo “trasparente” in cui non esistano veti di qualsiasi genere per il cittadino che è il vero e unico “padrone” del palazzo.


Mario Marin


3474204292